Il judo è (anche) uno sport individuale. Non ho scuse quando mi trovo innanzi al mio avversario. Se vinco è merito mio, se perdo è mio demerito. Semmai l’avversario e l’arbitro possono influire sul risultato. Ci viene insegnato però il rispetto assoluto dell’avversario e l’accettazione incondizionata del verdetto arbitrale. Non si fanno discussioni ma il risultato va valutato e da esso si trarranno stimoli per migliorare.
Nel judo gli incontri a squadra sono la somma di una serie di incontri individuali. Anche qui non vi sono scusanti. Ho fatto il punto per la squadra o non ci sono riuscito. Non è colpa di altri …
Negli sport di squadra, come il calcio invece è la squadra che vince o perde. Il risultato non è per forza mio merito o demerito. Il mio esistere nella squadra non è fondamentale, posso celarmi facilmente dietro ad altri che o “sono proprio bravi” oppure “hanno tutta la colpa”.
Uno sport di squadra non prepara quindi ad affrontare – da solo – gli ostacoli che la vita ci pone avanti.
Al contrario crea sempre la possibilità di giustificare altrimenti il risultato di una competizione.
Anche per questo noi diciamo che il judo costituisce un metodo educativo importante. L’obiettivo è quello indicato dal Fondatore divenire sani, forti (anche caratterialmente) e utili al gruppo al di là dei risultati agonistici. Il raggiungimento dell’obiettivo però dipende sempre dal singolo.
Grazie Jigoro Kano per la via indicata.
Chiasso, 4 luglio 2018 / Marco Frigerio