“Chi sono i campioni che più ammiriamo ? Quelli che esprimono la bellezza del gesto, la buona attitudine e l’intelligenza nel confronto.
La causa del campione di judo, al di là della persona è il judo.
Il nostro attaccamento al bel judo, ai principi e ai valori, alle conoscenze tecniche, tutto ciò rappresenta la base culturale comune molto forte che unisce i judoka e che deve motivare i nostri rappresentanti … I nostri campioni devono essere gli ambasciatori dei nostri valori e del nostro sapere …
Mostrando al pubblico l’efficacia dei principi del judo, il campione di judo diventa realmente “campione del judo”.”
(nostra traduzione dal francese da Patrick Roux, L’art du judo, pag.70-71).
Patrick Roux è stato combattente di livello internazionale.
Nel suo libro “L’art du judo” esprime pensieri assolutamente condivisibili che illustrano al meglio gli obbiettivi e il contenuto della disciplina. La differenza che propone tra campione di judo e “campione del judo” è interessante. La sottoscrivo.
Di questi tempi si fa un gran parlare dello sport come elemento di crescita e di educazione. Concetti che da sempre erano di pertinenza di certe discipline vengono “promossi” un po’ ovunque con risultati invero assai discutibili …
Per la maggior parte degli interessati al termine “sport” vengono poi associate attività fisiche più note come il calcio e/o alle nostre latitudini l’hockey su ghiaccio. I modelli che ne derivano sono purtroppo negativi, in buona parte anche a causa del tifo becero che contorna le manifestazioni divenute viepiù uno “spettacolo” e/o alle modalità di insegnamento che indicano quale obiettivo esclusivo la vittoria agonistica.
Quale onore e quale esaltazione può dare il qualificarsi per le finali mondiali grazie ad un errore arbitrale ?
Il judo per contro insegna valori che si apprendono nella pratica costante e costruttiva. Il singolo – grazie al gruppo – allenandosi con costanza e coerenza apprende la disciplina – passo dopo passo – e migliora sé stesso nell’ambito di uno sport difficile che non porta con sé le luci della ribalta.
Il singolo apprende la disciplina sulla sua pelle. Non può nascondersi dietro agli “errori” degli altri o di terzi. Se si viene sconfitti la colpa è sempre è solo di sé stessi e l’insegnamento che ne deve derivare è individuare cosa va effettuato / studiato per essere migliori. Vittoria e sconfitta sono solo un passaggio che ci devono indicare la giusta direzione.
Pur essendo individuale il processo di apprendimento viene effettuato con il gruppo perché – anche se in pochi – il judo necessita di un compagno pure ispirato e pure interessato alla crescita.
Non tutti gli sport hanno gli obiettivi di crescita indicati da Jigoro Kano, il judo però ha questa fortuna e questo specifico fondamento che – in quanto insegnanti – abbiamo il dovere di promuovere. L’augurio è pertanto che, in un futuro non troppo lontano, abbondino i veri “campioni del judo”.
MF / Chiasso, 29 gennaio 2018