“I ragazzi di oggi sono sempre attaccati ai telefonini, sono pigri e incapaci di muoversi con una certa agilità. A loro non interessa l’agonismo, fanno judo così … sono senza ambizioni e senza obiettivi.”
In sintesi ecco quanto generalmente viene detto sui “ragazzi di oggi” da dirigenti e insegnanti delle nostre palestre.

Avendo passato trent’anni a dirigere il DYK Chiasso ed essendo stato promotore di varie iniziative per diffondere il judo agonistico dissento parzialmente. Da sempre al dojo arrivano ragazzi di tutti i generi. Lo sportivo “per eccellenza” (ossia il ragazzo dotato a cui tutto riesce facile) raramente pratica judo. L’apprendimento del judo per altro non è cosa semplice. Sta quindi alla associazione (dirigenti ed allenatori) creare i presupposti per permettere la miglior crescita fisica, tecnica e mentale nell’apprendimento della disciplina.
Al dojo deve esistere una prospettiva di crescita ed un passaggio graduale dai preliminari, all’apprendimento tecnico ed agonistico. Se i “ragazzi di oggi” faticano a divenire agonisti la prima responsabilità è del dojo. La gara deve essere promossa come il naturale sbocco di chi pratica judo. Si devono organizzare corsi mirati in cui si cerca di insegnare gli elementi tipici della gara. Infine, ma ciò è decisivo, bisogna essere pronti ad accompagnare i ragazzi nei fine settimana alle competizioni ed a sostenerli moralmente sia che si vinca, sia che si perda.
Un altro punto determinante sono i genitori. In genere poco cogniti della disciplina vedono la competizione come un elemento estraneo, non necessario che oltretutto rischia di influire sui propri programmi del fine settimana … fare il genitore (negli anni che portano alla crescita del ragazzo) significa dedicarsi ai figli permettendo loro di effettuare esperienze anche difficili, pronti a sostenerli quando i risultati sperati non arrivano, pronti a dire di no quando il figlio vorrebbe rinunciare e/o effettuare scelte non costruttive.
E che dire dei ragazzi ? Credo che oggi, come ieri, alcuni capiscano subito che impegnarsi significa fare progressi, altri invece pensano che “impegnarsi” sia segno di debolezza per cui adottano la “filosofia del minimo sforzo” … Dello studiare e dell’impegno non bisogna vergognarsi, anzi ! Questo è il messaggio che al dojo deve essere promosso.

Quello che è certo tuttavia è che il judo non perdona e che chi non si allena non progredisce. Nulla è acquisito definitivamente. Essere superiori a qualcuno oggi non significa rimanerlo in futuro. Potrei citare molteplici esempi di chi, iniziando ad impegnarsi, è divenuto capace e, anche nel randori, ha superato chi un tempo gli era superiore. D’altronde, come ha scritto Tsunetane Oda (il più grande esperto della lotta al suolo del XX° secolo), “alcuni imparano il judo come conigli, mente altri vanno piano come tartarughe. A volte le tartarughe sono da preferirsi.”

Per crescere servono sia una associazione organizzata e propositiva, sia genitori che sostengono l’attività sportiva e stiano al loro posto, sia la voglia di crescere e di migliorare. Nessuno nasce “imparato” e anche chi insegna deve avere l’onestà di riconoscere i propri limiti che, per altro, con l’avanzare dell’età diventano sempre più evidenti !

MF / 30.10.2017